Blog di discussione su enogastronomia per chi, come la Confraternita delle Franche Forchette, è sempre alla ricerca della sublimazione della tavola in tutte le sue declinazioni: cucina, vino e sala.



sabato 27 maggio 2017

Agape di Maggio: Ristorante La Madia, Licata (AG)





Agape di Maggio: il mio ingrediente segreto è la memoria.

Entrare alla Madia significa varcare un portale spazio temporale, una sorta di Stargate che ti trasporta da una Licata vecchia, in cui i vicoli vissuti recano i segni del tempo e dell'incuria, ad uno spazio onirico in cui si materializzano i sogni e le memorie di uno dei migliori Chef italiani. 
I piatti sono la materializzazione dei vissuti di Pino Cuttaia, che vengono trasposti, destrutturati e ricostruiti per regalare agli ospiti momenti di vivide emozioni. 
Si viaggia all'interno dei ricordi dello Chef, intensamente e tenacemente legati alla sua terra.
La distanza ha ovviamente impedito la nostra consueta prova preliminare per decidere i piatti e gli abbinamenti con i vini, ci siamo così completamente affidati allo Chef e alla sua sala per compilare un menù che ci illuminasse al meglio sulle idee e le prospettive del ristorante. Per questa volta quindi, la nostra coppia di cucina non sarà né artefice, né colpevole, dell'andamento della serata.
In realtà il nostro breve ma intenso viaggio in terra siciliana comincia circa 12 ore prima, all'aereporto Fontanarossa di Catania, dove atterriamo, con oltre un'ora di ritardo, in una calda mattina di Maggio.

Il leggero pranzo previsto sul lungomare di Catania si trasforma ben presto in un turbinio di ordinazioni con arancini di ogni tipo, cipollate e focacce farcite, poi ancora cannoli, cassate e granite con doppia panna, con e senza brioche.
Fortunatamente, un comodo pulmino, come da tradizione consolidata, ci accoglie, sazi e soddisfatti, per condurci a Vittoria, dove incontreremo una paladina dei vini naturali, tante volte protagonista con i suoi vini sulle nostre tavole.
Che posto incantato! L'azienda di Arianna Occhipinti è un fiore raro che nasce in posto affascinante ma incolto. A passeggio tra i vigneti e gli ulivi secolari, percepiamo l'essenza del territorio...





Straordinaria la bottaia, scavata nel terreno quasi al di sotto del vigneto, dove di fronte alle botti si leggono i vari strati del terreno in cui le viti affondano le radici. E poi tanti assaggi, da vasche, botti e bottiglie, conditi da tanti racconti e da un'abbondante merenda.
Ci raccoglie Sante, il nostro autista, avvisandoci che da lì a poco, il tempo tiranno non sarebbe bastato ad arrivare a Licata in tempo utile per la cena.
Poco suggestivo l'attraversamento dell'area petrolchimica di Gela, giungiamo invece a Licata in orario perfetto per la cena.

Torniamo quindi alla Madia, dove Pino Cuttaia plasma la materia attraverso i suoi ricordi...



E lo Chef racconta... Racconta la sua memoria del piatto di casa fatto con gli avanzi del merluzzo, la Pizzaiola, in questo caso merluzzo affumicato alla pigna, dal gusto intenso e sapido. 

Pizzaiola
E il racconto prosegue con il ricordo della caprese, semplice mozzarella e pomodoro che Pino Cuttaia plasma e trasforma in una Nuvola di caprese, un piatto che tutti, almeno una volta nella vita, dovrebbero assaggiare. 

Nuvola di caprese

Il giorno che deciderò di fare una top ten dei piatti più buoni mai mangiati questo ci entra di diritto!!
In abbinamento a questi primi due piatti un piacevolissimo metodo classico rosé, il Vinudilici 2011 de' I Vigneri. 
E Pino ricorda... Ricorda il pane cunzato, e ti obbliga a fare la scarpetta servendoti un fragrante pane caldo, una ciotola di fantastico olio da tonda iblea ed un'alice su di un letto di salsa al pomodoro, Sole e vento.

Sole e vento

Di notte si pesca con la lampara, un potente fascio di luce a pelo d'acqua che richiama in superficie i banchi di alici, e sotto la lampara, attraverso l'acqua, baluginano e guizzano i corpi argentei delle alici in movimento. Questo è il ricordo che lo Chef riproduce nel piatto, e per rendere più realistica la percezione ci consiglia di puntare la torcia accesa del telefonino sul piatto, a guisa di una estemporanea lampara: Quadro di alici

Quadro di alici

E questi piatti non sono solo belli, sono anche straodinariamente buoni.
L'abbinamento proposto con questi due ultimi piatti invece non ci ha convinto molto; seppur tanto celebrato, il Terzavia Cuvée riserva VS di Marco de Bartoli, non ha fatto sobbalzare di piacere nessuno dei presenti al tavolo tanto che, dopo averne aperte due bottiglie, siamo ritornati sul vino precedente.
La prossima storia ci racconta di scogli, polpi e mareggiate. Il Polpo fossile 

Polpo fossile

Il riccio essiccato evoca la salsedine, mentre le fibre del polpo vengono rammollite sbattendolo contro gli scogli. E nel piatto questa sapida gelatina di polpo si contende la palma di miglior piatto della serata con la Nuvola di caprese.
Dai meandri della memoria spunta la fettina di carne della mamma, ricordo sociale del boom economico, quando la carne entrò con regolarità nelle cucine degli italiani; nella Memoria visiva lo Chef ricorda quella che la mamma gli preparava, lasciandogli un tocco di imperfezione, il seme di limone. 
In realtà qui la fettina è di tonno crudo...

Memoria visiva
il Trebbiano di Guccione 2013, buonissimo, accompagna questi due piatti.



Uovo di seppia

E si prosegue con l'Uovo di seppia, gioco di consistenze tra crema, gnocchi e chips di seppia. 

Raviolo di calamaro

Ancora ricordi d'infanzia, della minestra di cucuzza e tinniruma, con cui Pino Cuttaia farcisce una raviolo di calamaro destrutturato sormontato da un gambero rosso. 
Non ci ha convinto nemmeno il vino proposto in abbinamento su questi due ultimi piatti: pur amando i vini ed apprezzando il modus operandi dell'azienda COS (tra l'altro di Giusto Occhipinti, lo zio di Arianna) il Pythos bianco 2014, grecanico macerato e passato in anfora, con i suoi caratteri spigolosi, monocordi e terrosi ha fatto storcere il naso a tutto il tavolo. Ricordiamo invece che lo Zibibbo in Pythos 2014, bevuto in Marzo da Rino Duca, ci era piaciuto moltissimo.
La pasta sminuzzata fa parte della tradizione, ed il ricordo viene plasmato dallo Chef che, utilizzando uno spaghetto Cavalieri spezzato e risottato in una bisque di crostacei, ricrea la minestra di crostacei con una parte croccante affidata ad una granella di mandorle.

Minestra di crostacei

 E che buona anche la ricciola lisciata all'olio di cenere, servita insieme a delle scaglie di mandorle alla brace per evocare il sentore della carbonella, ricordo di grigliate all'aperto.

Ricciola lisciata all'olio di cenere
Va bè, saremo enofighetti, ma non ci è piaciuto nemmeno l'Halykàs 2008 della Tenuta Barone La Lumia, piuttosto seduto su note grasse e pesanti, abbinato alla minestra di crostacei ed alla ricciola.
Fresco e piacevolissimo il predessert, delle fragole poché.

Fragole poché

E poi il dessert, Cornucopia, cialda di cannolo con ricotta e gelato al Marsala: un concentrato di territorio che si protende in verticalità

Cornucopia, cialda di cannolo con ricotta e gelato al Marsala

In abbinamento, ca va sans dire, il Vecchio Samperi di Marco de Bartoli.






Una cucina emozionante, in cui veramente dietro ad ogni piatto si percepiscono i ricordi e le storie dello Chef, in cui la grandissima tecnica non è ostentata, anzi, è usata il minimo indispensabile per esaltare al massimo la materia prima.
E poi lo stacco netto che separa Licata in due, dentro la Madia e la terra di fuori.
Cena fantastica a cui sfugge il Gran Clangor per un soffio, purtroppo a causa degli abbinamenti per noi inappropriati.
Ma il nostro giro in Sicilia non si ferma qui, ci attende il barocco di Noto, Modica e soprattutto Ragusa Ibla.  





Ristorante La Madia
Corso F. Re Capriata, 22
Licata (Ag)









mercoledì 10 maggio 2017

Agape di Aprile: Ristorante Aqua Crua, Barbarano Vicentino (VI)



Agape di Aprile: coup de coeur.

Un colpo di fulmine. Non è stata la prima volta, e probabilmente non sarà l'ultima, ma di sicuro non accade spesso. 

 

Onore quindi alla nostra coppia di cucina, che seleziona i locali, li prova per noi in anteprima e costruisce i menu e gli abbinamenti. Onore più grande però, a chi quei piatti li ha cucinati, a chi ha assemblato la cantina e anche alla sala, che ha contribuito a questa magnifica esperienza. 

E' anche vero che Giuliano Baldessari non è il classico Carneade: una carriera che ha visto tappe significative come  Aimo e Nadia,  Marc Veyrat e  Massimiliano Alajmo poteva far presagire un'esperienza di alto livello, ma qui siamo andati oltre.







Partiamo con il racconto dall'inizio: una fresca serata primaverile ci accoglie alla partenza da Bologna, gli auspici non sono dei migliori, con il nostro pulmino subito bloccato dal traffico della tangenziale per quasi un'ora. Fortunatamente la lungimiranza del Gran Maestro, avendo predisposto la partenza ben prima del necessario, ci farà comunque arrivare in perfetto orario, con un viaggio tutto sommato più comodo del previsto.



Trespolo di benvenuto
Si brinda subito alla nostra, e alla memoria di chi non siede più a tavola con noi, con uno champagne bello affilato, il Brut Nature di Christophe Mignon. Divertente e buonissimo il trespolo aperitivo con un hamburger vegetale, una finta bresaola e un Rocher con cuore di curry (da standing ovation). 

Rigatone con ragu di coniglio

Ancora bontà e divertissement con un secondo amuse bouche: un falso rigatone (di sedano rapa) con ragu di coniglio.
Mentre nei calici ci arriva un voluttuoso Chenin blanc, il Savennieres Roche aux Moines 2010, il menu vero e proprio si apre con l'illusione: Mozzarella di bufala riempita con acqua di pomodoro e capperi.


L'illusione

L'essenza della tradizione mediterranea in un boccone sorprendente: peccato solo che la grassezza dello Chenin si erga a protagonista mascherando in parte la deliziosa vena acida del piatto.
Si prosegue con il Tamarindo, un trancio di centrofolo (pesce conosciuto anche come Mupa) con intriganti note speziate di tamarindo e liquirizia. Insiste sulla Loira il Maestro d'Anfora, con lo Chenin più blasonato: Clos de la Coulée de Serrant 2009, e questa volta sono fuochi d'artificio.




Il Tamarindo





Le scelte della coppia di cucina hanno messo a dura prova la capacità della sala: ad ogni piatto del menu è stato abbinato un vino diverso, e in un tavolo imperiale con 10 persone sarebbe stato veniale qualche piccolo ritardo nella sostituzione dei calici, nel timing della sequenza vino-piatto o nel cambio delle posate: ed invece, per tutta la durata della lunga cena, nemmeno una piccola defaillance. 
Il servizio, sempre presente e sorridente, ha funzionato come un meccanismo perfettamente oliato e rodato. Grazie ancora ragazzi.
Proseguiamo con il piatto che forse ha ricevuto più consensi: Lo spaghetto.


Lo spaghetto

Spaghetto Mancini, di consistenza esemplare, con Kefir e alghe. Ecco, di questo ne vorremmo una porzione come quella che si mangia Alberto Sordi nella celeberrima scena di "Un Americano a Roma". Tanto buono anche il vino in abbinamento, un moscato di Alessandria con una macerazione non troppo spinta, che mantiene un fantastico naso varietale e speziato ed una bocca freschissima: Cuvée Alexandria 2015 del Domaine Matassa (Cote Catalanes).
E poi il Risotto: con plancton e artemisia, dalle fresche note di zenzero. Va da sè che la golosità ha avuto il sopravvento e la fotografia di questo piatto è passata allegramente in secondo piano! 
Anche sul risotto la scelta del Maestro d'Anfora si mantiene Oltralpe, con il Jurancon sec Mantoulan blanc 2011, un ottimo Petit Manseng di Clos Lapeyre.
A seguire un superbo Agnello, dalla cottura millimetrica, con spuma di patate al levistico.


L'Agnello

Il riflesso degli archetti che dipingono di rosso il fondo del calice sono quelli dell'ottimo Dolcetto San Fereolo 2007. Forse il miglior rappresentante della sua denominazione.
Dopo l'agnello ci concediamo una pausa rinfrescante (considerando che nel menu stabilito dal Gran Credenziere ci aspettano ancora due dessert) con un piacevolissimo sorbetto al frutto della passione con curcuma e zenzero.


Sorbetto curcuma e zenzero

Finito il sorbetto, nei calici ci arriva un sorprendente Moscato Cà d'Gal Vigna Vecchia 2007, incredibilmente giovane, con una vivace carbonica a sostenere una affascinante complessità. Bellissima bottiglia che dimostra come anche le vigne di moscato d'Asti, se ben lavorate, possono dare vini dalla longevità sorprendente.


Crema carbonizzata

Il primo dei dessert é una Crema carbonizzata (ovvero con carbone vegetale): piatto intellettuale, intrigante, che ha diviso i giudizi del tavolo tra entusiastici e sufficienti. Dolce che non fa della golosità il suo punto di forza, ma ti trascina in un percorso in cui si susseguono note acide, dolci, amare, aromatiche... Ottimo preambolo al secondo dessert, un superbo e vaporoso Soufflé.


Il Soufflé
Dulcis in fundo, una sorpresa dalla cucina: una fenomenale Colomba appena sfornata, ancora calda e di una sofficità imbarazzante, ottima scusa per stappare un'altra bottiglia di Moscato 2007.


La Colomba

Ca va sans dire che questo susseguirsi di emozioni durante tutta la serata non poteva che concludersi con il nostro massimo ringraziamento tributato a tutti gli artefici di questa magnifica cena: Gran Clangor quindi a Giuliano Baldessari e a tutto il personale dell'Aqua Crua, un ristorante che, come si suol dire, gioca in un altro campionato. 
Ma soprattutto, un ristorante che da oggi si è ritagliato un pezzettino del nostro cuore.





Aqua Crua
Piazza Calcalusso, 11 
36021 Barbarano Vicentino (VI)
Tel. 0444 776096